Non buttiamoci giù - Nick Hornby
È sempre difficile iniziare a parlare di un libro soprattutto di questi tempi perché le recensioni le trovi ovunque, le fanno tutti, le leggi in tutte le salse. Perché dai, diciamolo, ci piace essere un po’ critici, accomodarci sullo scranno del giudice e sentenziare. Io la capisco questa necessità perché la condivido con tutte le bookblogger improvvisate come me che giocano a fare le letterate dietro al pc. Si, dietro! Perché davanti, dall’altra parte, hanno una vita vera ben lontana dal caotico tumulto editoriale. Io, per esempio, la mia vita la passo nell’imprevedibile e affascinante mondo della medicina e più precisamente vesto i panni della psichiatra. In realtà, confesso, più che vestire i panni, io psichiatra ci sono nata e sono certa che non avrei potuto fare nulla di diverso... infatti psichiatrizzo anche i libri che leggo e mi diverto a ricercare psicopatologie anche tra le righe, a stilare profili personologici e a immaginare percorsi di cura per i protagonisti che manifestano innegabili difficoltà psichiche. Leggere Hornby, per una come me, è stato a dir poco elettrizzante! In breve: il tetto di un palazzo, la notte di capodanno, quattro sconosciuti e un proposito comune: il suicidio. Anziché attuare il proposito suicidario, i quattro sanciscono un patto, si frequentano e iniziano quella che a tutti gli effetti sembra una terapia di gruppo.
Hornby ha egregiamente caratterizzato quattro diverse tipologie di personalità e ha plasmato le loro storie e le loro voci adattandole perfettamente. Il narcisista, la borderline, il depresso e la dipendente con scarsa autostima. Sono loro che parlano. Raccontano la loro storia ognuno con linguaggio ed espressioni che calzano del tutto con il ruolo che l’Autore gli ha assegnato. Si aiutano, si provocano, si offendono, si comprendono, si accettano e, pagina dopo pagina, costituiscono, inconsapevoli, una sorta di gruppo di auto-aiuto che li porterà ad avere un nuovo sguardo sulle proprie esistenze. In una parola: geniale!